Iniziata la fase 2 di gestione dell’emergenza Covid-19 e riaperte molte attività commerciali assistiamo all'immancabile e assurda polemica di alcune associazioni consumatori (purtroppo rilanciata da molti mass media) sui cosiddetti "aumenti ingiustificati" dei prezzi di alcuni prodotti o servizi.
Facciamo chiarezza partendo dalle norme in vigore: fatta eccezione per pochissimi casi di prezzi amministrati (ad esempio la decisione del governo di imporre un prezzo massimo finale di vendita di 50 centesimi per le mascherine chirurgiche) nessuna attività commerciale ha l’obbligo di tenere fisso il proprio listino prezzi o il dovere di giustificare legalmente la decisione di aumentare i prezzi o la necessità di ottenere una autorizzazione per farlo.
Eppure molti cittadini vengono regolarmente tratti in inganno o confusi dalla modalità con cui associazioni consumatori e mass media trattano il tema “aumenti ingiustificati” e finiscono per convincersi che vi sia una sorta di divieto legale all’aumento dei prezzi, sanzionabile tramite intervento di qualche autorità pubblica di controllo (Carabinieri, Polizia di Stato, Polizia Municipale, osservatori o comitati prezzi, associazioni, Antitrust, Mister Prezzi o altro). Non vorremmo assistere a una riedizione, in versione Covid-19, della madre di tutte le polemiche sui prezzi: gli “aumenti ingiustificati” nel periodo di passaggio dalla lira all’euro. Già all’epoca si trattò di una discussione surreale che, partendo da un falso presupposto (in realtà non esisteva alcun divieto legale ad aumento prezzi ma solo obbligo di rispettare regole di conversione), non poteva che alimentare un dibattito di infimo livello basato su disinformazione e demagogia.
Molto peggio, però, la situazione odierna: che senso ha fare polemica contro piccole e medie imprese che dopo mesi di forzata chiusura delle attività oggi devono fare i conti con maggiori spese (per adeguamento locali e procedure) e minori incassi (regole di distanziamento e procedure di sicurezza portano in molti casi a una limitazione degli accessi)? Abbiamo ricordato che non c’è alcun divieto di carattere legale ad aumento dei prezzi né alcun obbligo di fornire una giustificazione ma in queste circostanze la giustificazione ci sarebbe ed è di palese evidenza. Decine di migliaia di piccole e medie attività nei prossimi mesi potrebbero chiudere o fallire, a prescindere dal fatto che provino a sopravvivere aumentando i prezzi.
È questa la grande differenza rispetto all’aumento dei prezzi nei primi tempi dell’euro: in quel caso chi aumentò i prezzi cercò di approfittare della confusione dovuta alla conversione in una nuova valuta, oggi siamo di fronte alla più grave crisi economica nella storia della Repubblica Italia.
Non si tratta di fare o meno gli interessi dei "consumatori" ma di avere il minimo di visione macroeconomica e onestà intellettuale che sono richiesti dall’importanza e tragicità del momento.
Sarebbe bello se, per una volta, le associazioni consumatori fossero capaci di abbandonare la sterile e chiassosa demagogia sui prezzi per fare analisi e proposte a livello macroeconomico.
In questo senso Associazione Consumatori Piemonte, come struttura federata, aveva aderito al Comunicato del Movimento Consumatori del 7 aprile 2020
Ci sembrava un buon punto di partenza per iniziare un dibattito sulle politiche economiche da adottare per gestire la terribile crisi economica in arrivo. Speriamo non sia l’ennesima occasione sprecata.
Torino, 25 maggio 2020.
Il Consiglio Direttivo di Associazione Consumatori Piemonte.